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Martini e il fumo di satana, L'antichiesa sta per sferrare l'ultimo attacco

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aragorn88
icon9  view post Posted on 25/4/2006, 16:24




Cardinal Martini, l’Espresso e le perplessità del kattoliko…



I «PERÒ» DI MARTINI

e i nostri «ma»...



di Rino Cammilleri

Il Giornale n. 95 del 22-04-06 pagina 1


Quando spuntava Fanfani, Montanelli diceva «arieccolo». È la prima cosa che viene in mente guardando la copertina dell'Espresso in edicola il 21 aprile 2006. Si poteva titolare «A grande richiesta, il ritorno di». In fondo, le elezioni le ha vinte Prodi (si fa per dire, naturalmente, perché più che vincere pare sia rimasto col cerino acceso in mano), ed era logico riesumare il nume tutelare, il gran punto di riferimento dell'area dei cattolici di centrosinistra, soprattutto di quella «scuola di Bologna» di cui Prodi è espressione politica.
Parliamo del cardinal Martini, quello che voleva un terzo concilio Vaticano perché il secondo gli è parso insufficiente, quello che (dicono, ma non ci credo) fu lì lì per diventare papa al posto di Ratzinger. Forse avrebbe assunto il nome di Dialogo I, se eletto, poiché quel che si legge sul settimanale sembra la versione porporata di Prodi: toni pacati, aria paciosa, luci soffuse, niente scontri per carità, dialogo, dialogo, dialogo.
Come ha benissimo centrato il nostro Robi Ronza proprio su queste pagine, nella sua rubrica «Prisma» di lunedì scorso, l'area di riferimento è esattamente quella che esprime «un'esperienza cristiana incapace di diventare cultura, visione del mondo, e perciò obiettivamente ridotta a una semplice morale». Morale fiscale o sessuale, come nel caso della lunga conversazione sulla bioetica che il Cardinale tiene sull'Espresso col bioeticista Ignazio Marino. L'unica cosa recisa e decisa è questa: non bisogna adottare «giudizi apodittici» ma il dialogo. Certo, no all'aborto, no all'eutanasia, no all'uso sperimentale degli embrioni. Ma «là dove per il progresso della scienza e della tecnica si creano zone di frontiera o zone grigie» è bene «astenersi anzitutto dal giudicare frettolosamente e poi discutere con serenità, così da non creare inutili divisioni». In effetti, i giudizi apodittici creano sempre divisioni; quanto siano «inutili», però, sarebbe da discutere. :angry: :angry: Ma soffermiamoci su quell'«apodittici», che tanto orrore incute.
Devoto-Oli, voce corrispondente: «Di ciò che filosoficamente, essendo evidente di per sé, non ha bisogno di dimostrazione, o se dimostrato è logicamente inconfutabile». Dunque, per l'amor del cielo, niente apodittica, perché, com'è noto, la Chiesa esiste solo per il dialogo urbi et orbi, oves et boves, sennò ci sta che la Rosa nel Pugno si arrabbi e allora sai che apocalisse. Dice il Nostro, a proposito dei casi-limite: «Sarei prudente nell'esprimermi su quei casi dove non è possibile ricorrere al seme o all'ovocita all'interno della coppia. Tanto più laddove si tratta di decidere della sorte di embrioni altrimenti destinati a perire». Ovviamente, prudenza nell'esprimersi non vuol dire non esprimersi affatto, e per quante circonvoluzioni si possa usare, per quanti condizionali, per quanti «forse» e «quasi», prima o poi l'apoditticità ci scappa.
In effetti, ogni abortista invoca situazioni-limite, ed è difficile convincere chi intende ricorrere all'aborto che la sua non è una situazione-limite. Ma il Nostro si riferisce ai casi, per esempio, «in cui un feto minaccia gravemente la vita della madre». Caso che, per lui, andrebbe esaminato a parte, giacché gli sembra «difficile che uno Stato non intervenga» a parare un eventuale Far West.
Ora, noi non siamo degli esperti di teologia morale, ma ci sembra che proprio in un caso del genere la Chiesa sia stata e sia apodittica, visto che canonizza gente come Gianna Beretta Molla, medico che si trovò effettivamente a dover scegliere tra la vita del feto e la sua. Tuttavia, del ricorso all'apoditticità quando serve non sa fare a meno neanche Martini: «Certamente l'uso del profilattico può costituire in certe situazioni un male minore». In quali, Emine'? In caso di stupro? Ma ce la vede la vittima dire al malintenzionato: se proprio insisti, almeno mettiti il condom? O forse ci si riferisce alla moglie che dovrebbe assolvere al debito coniugale con un marito notoriamente infetto? Il meglio del cerchiobottismo si ha comunque sull'eutanasia: «Non si può mai approvare il gesto di chi induce la morte di altri, in particolare se è un medico». Però c'è un però: «Tuttavia neppure io vorrei condannare le persone che compiono un simile gesto su richiesta di una persona ridotta agli estremi e per puro sentimento di altruismo come pure quelli che in condizioni fisiche e psichiche disastrose lo chiedono per sé». Ah, no?


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Il Vescovo di Como non prende l'espresso del Card. Martini...



Il cardinal Martini e il condom


di mons. Alessandro Maggiolini*
*Vescovo di Como


QN - Il Giorno 21-04-2006

Che sia un cardinale ad ammettere il profilattico nei rapporti sessuali tra persone di cui almeno una è malata e contagiosa, può risultare strano. E strano lo è.
Per stare ai fatti: sull’Espresso di oggi il cardinal Martini ammette che l’uso del profilattico sarebbe consentito almeno in caso di malattia trasmissibile.
Il motivo di questo che potrebbe apparire una specie di permesso etico consiste nel fatto che si sceglierebbe il male minore rispetto alla continenza assoluta.
Le risposte morali vanno collocate nel contesto in cui sono pronunciate. Sarebbe sconsideratezza che una affermazione di questo genere fosse pronunciata in una predica generica o pubblicata in un volume di etica cristiana magari divulgativa.
E siamo alla solita questione che obbliga a distinguere i fatti oggettivi dalle intenzioni soggettive.
Situazioni trepide possono darsi – e si danno – spesso quando sembra che due doveri configgano tra di loro: il dovere di non trasmettere un contagio e l’opportunità di esprimersi sessualmente in certe circostanze in cui sembra non si possa agire diversamente. Ma appunto: un conto è un dovere; un altro conto è una opportunità a cui si può sostituire l’astensione dall’atto coniugale. :angry: Il caso muta quando non si dà una educazione alla sessualità che rispetti e promuova la persona a cui ci si unisce. Ma allora, siamo ancora in campo morale? Si può parlare di lecito e di illecito, di peccato o di atto almeno indifferente?
Come si nota, la proposta etica va sempre collocata in un contesto umano che tenga presente tutti gli elementi che lo compongono: anche le dimensioni soggettive.
Allo stato puro una fattispecie morale può perdere l’intero significato morale. Ha il solo svantaggio di non esistere come atto responsabile e consapevole. Sempre allo stato puro un comportamento riprovevole può essere pienamente attribuibile al soggetto umano come responsabilità e consapevolezza. Di mezzo c’è tutta una gamma che va dalla malizia alla debolezza umana. E’ in base a queste condizioni che i comportamenti etici vanno valutati.
A questo punto ci si può chiedere se un settimanale non soverchiamente pio come L’Espresso sia la sede opportuna per trattare questioni delicate come questa.
Ci si può chiedere ancora se chi legge ha l’abilità di distinguere l’aspetto oggettivo e l’aspetto soggettivo del comportamento.
Soprattutto se è un cardinale a parlarne.
:angry:
 
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aragorn88
view post Posted on 30/4/2006, 14:46




Il Card. Martini tollerante, dialogante... a senso unico?




IL CARDINALE DELL'ULIVO CHE VOLEVA SCOMUNICARMI


Da sempre la stampa italiana e internazionale accredita al cardinal Martini un'immagine progressista, illuminata e tollerante. No Martini, no party. Anche nella sua ultima intervista all'Espresso egli ostenta inviti al dialogo, ad astenersi dal giudizio e si oppone a condanne e anatemi, ma nella realtà...


di Antonio Socci


Libero 27 aprile 2006


Da sempre la stampa italiana e internazionale accredita al cardinal Martini un'immagine progressista, illuminata e tollerante. No Martini, no party. Anche nella sua ultima intervista all'Espresso egli ostenta inviti al dialogo, ad astenersi dal giudizio e si oppone a condanne e anatemi. E tuttavia l'unico che (dai tempi del Concilio) ha sottoposto dei laici a un tribunale dell'Inquisizione è proprio lui. Il Giornale di Montanelli - che per primo dette notizia del fatto - titolò in prima pagina: "A Milano è tornata l'Inquisizione".
Accadde nel 1987, quando la diocesi di Milano, guidata da Martini, sottopose a processo canonico il sottoscritto ed altri due giornalisti. Il caso - su cui i commentatori, a cominciare da Indro Montanelli, versarono fiumi d'inchiostro - riguardava noi che eravamo laici, non degli ecclesiastici, né dei teologi e dunque era particolarmente assurdo, anche perché noi non eravamo imputati per aver messo in discussione dei dogmi della fede cattolica (alla quale, anzi, aderivamo totalmente), ma solo per aver espresso liberamente le nostre idee critiche sugli intellettuali cattolici che si erano accodati al conformismo progressista. Era paradossale, perché si poteva mettere in discussione l'Immacolata Concezione, ma non Scoppola, padre Sorge, Prodi, Alberigo, Dossetti o Lazzati. In quegli anni nei libri dei teologi, che magari insegnavano nei seminari e nelle università ecclesiastiche, si metteva in discussione tutto (dalla resurrezione di Gesù, alla storicità dei Vangeli, dai dogmi su Maria, al primato di Pietro), ma a finire sotto la scure dell'Inquisizione (milanese) fummo noi che, stando dalla parte del Papa, osavamo mettere in discussione il "magistero parallelo" degli intellettuali: sia quello di certi teologi che quello degli intellettuali progressisti.
Come finì? Finì che la Curia di Milano impose un'abiura, come ai tempi del caso Galileo: non poté ottenerla dal sottoscritto, ma la ottenne dal giornale per il quale scrivevo che, essendo un settimanale cattolico, non poteva dire no al cardinale di Milano.
Dovette subire, con tanti saluti alla libertà di coscienza e alla tolleranza.

L'INTERVISTA ALL'ESPRESSO.

La vicenda mi è tornata in mente in questi giorni proprio per la clamorosa intervista di Martini all'Espresso. Che rappresenta un segnale politico-ecclesiale molto esplicito. Innanzitutto per la scelta - come ha detto monsignor Maggiolini - di affidare riflessioni così delicate a "un settimanale non soverchiamente pio" come l'Espresso. Poi per avere deciso la forma del "dialogo filosofico" con un senatore neo eletto dei Ds, il professor Ignazio Marino, che è in predicato di fare il ministro della Sanità nel governo Prodi e che il cardinale ha definito "credente", dando una notizia sorprendente perché dai suoi argomenti non si sarebbe evinto. Ma l'intervista ha un peso anche nella Chiesa.
Il vaticanista dell'Espresso, Sandro Magister, ha sottolineato che è stata fatta (e lanciata con clamore) proprio «negli stessi giorni in cui i media di tutto il mondo illustravano e commentavano il primo anno da Papa di Benedetto XVI». Osserva Magister: «Durante il pontificato di Giovanni Paolo II, il cardinale Martini è stato universalmente considerato come il più autorevole esponente dell'opposizione "progressista". E il medesimo giudizio continua a circolare, su di lui, anche in rapporto al Papa attuale». Magister sottolinea tutti passaggi in cui Martini si oppone o si differenzia dall'insegnamento del Papa e della Chiesa. E conclude ricordando che il Papa lo scorso 6 aprile aveva avuto per lui parole molto belle, in pubblico, in piazza San Pietro: «due settimane dopo il cardinale Martini», nota Magister, «ha risposto con il primo grande atto di opposizione a questo Pontificato, ai livelli alti della Chiesa». Questo è l'aspetto più grave. Perché Martini è il simbolo a cui guarda quel mondo cattoprogressista che sta anche dietro a Romano Prodi. Certo, ci sono nell'intervista martiniana passaggi particolarmente pesanti. Come quello in cui il prelato chiede alla Chiesa «il superamento di quel rifiuto di ogni forma di fecondazione artificiale» (e addirittura attribuisce questo rifiuto non alla Chiesa,ma - vagamente - a «non pochi ambienti», come se la Chiesa fosse un centro culturale).
Ma il problema maggiore è che Martini sembra ridurre tutti questi gravi argomenti morali (fecondazione, aborto, contraccezione, eutanasia), su cui la Chiesa ha un magistero preciso e che impegna i fedeli, a livello dell'opinabile, dove non esistono autorità, ma ciascuno, cattolico o no, può avere la sua idea e fare come crede.
Ciò ricorda più la prassi dei protestanti che la Chiesa Cattolica.
Nell'intervista ovviamente ci sono anche spunti interessanti, che potrebbero pure essere accolti, ma colpisce il sostanziale soggettivismo.



GLI ATTACCHI A WOJTYLA.

È questo, credo, che induce un osservatore attento come Magister, a ritenere il pronunciamento di Martini come «il primo grande atto di opposizione a questo Pontificato, ai livelli alti della Chiesa».
Del resto non sorprende chi ricorda l'ostilità di questo mondo cattoprogressista verso Giovanni Paolo II. Particolarmente dura fu negli anni in cui la stampa laica e di sinistra accusava Papa Wojtyla di essere un integralista, un polacco anticomunista, un reazionario, un fondamentalista. In un libretto uscito dal Mulino nel 2003, "A colloquio con Dossetti e Lazzati", dove Leopoldo Elia e Pietro Scoppola pubblicano le loro conversazioni del novembre 1984 con i due vecchi intellettuali cattolici, l'ostilità per Papa Wojtyla tracima da ogni parte (perfino con la critica di Dossetti al rinnovo del Concordato). Ma c'è anche la liquidazione snobistica del cardinale Ratzinger. Dossetti ha alcuni passaggi un pochino megalomani («la mia esperienza assembleare ha capovolto le sorti del Concilio stesso... io agivo come partigiano»). Ma soprattutto in Lazzati emerge la virulenta ostilità verso certi movimenti cattolici che sembra addirittura odiare. Dice poi Lazzati: «rapporti fra Cei e Papa non sono certo i migliori... il Papa non si rende conto della situazione italiana, chiuso com'è nel modello della sua esperienza polacca... non per niente appoggia movimenti come Comunione e liberazione e l'Opus Dei». E ancora: «Il Concilio si sta svuotando». Dossetti aggiunge che è «un'infedeltà gravissima di ordine sostanziale a tutti i livelli». Poi a proposito dell'Opus Dei Dossetti ha parole molto pesanti. Sono gli stessi apologeti di Lazzati a rilevare che «il suo giudizio sul pontificato di Wojtyla è senza sconti». Lo scrivono Malpensa e Parola nel volumone "Lazzati" (Il Mulino) dove danno anche una ricostruzione faziosa e completamente sbagliata dal "caso Lazzati" (quello del mio processo ecclesiastico) addirittura coinvolgendo «un cardinale amico» e l'on. Andreotti (che non c'entrarono per niente) nella pubblicazione dei nostri articoli.
L'"autonomia" dalla Chiesa di Roma di questo "magistero parallelo" (Martini e compagni) ricorda l'autonomia rivendicata da Romano Prodi, degno erede politico di questi ambienti, nel recente referendum sulla fecondazione assistita. Definendosi "cattolico adulto" Prodi liquidò le indicazioni morali molto vincolanti della Chiesa sul voto nel referendum e declassò automaticamente il popolo cristiano a "minorenni". Del resto il suo programma sui temi della vita, sui Pacs e via dicendo è quello che è. E poi c'è la forte polemica che ha investito Prodi quando George Bush pose il veto al finanziamento di alcuni organismi internazionali accusandoli di appoggiare le politiche demografiche ed abortive, soprattutto nel terzo mondo, e «la Commissione europea», presieduta da Prodi, ha scritto Lucetta Scaraffia «ha deciso di colmare con i propri fondi... stanziando 32 milioni di euro», scelta fatta «senza obiezioni pubbliche del presidente».

L'AMBIGUITÀ PRODIANA.

Non so come se la sarà cavata Prodi con la sua coscienza (perché il Codice di diritto canonico è molto pesante in questa materia). Ma avrà certamente trovato un modo da "cattolico adulto". Del resto lo stesso caso della "seduta spiritica" sul "caso Moro", a volerla considerare seriamente (la Chiesa condanna molto duramente lo spiritismo), dimostra anch'essa una certa disinvoltura dottrinale, soprattutto da parte di un docente universitario cattolico, che è stato proposto nelle parrocchie come cattolico esemplare. Ma forse questo è il "cattolicesimo adulto". E lo deve essere anche quello di Giuseppe Alberigo, simbolo del mondo cattolico progressista che fu assistente di Dossetti al Concilio. Il professore, che per decenni, con il suo centro bolognese, ha diffuso un'immagine ideologica e di parte del Concilio (recentemente criticata anche dal cardinal Ruini), in una stupefacente intervista alla "Repubblica", se n'è uscito fra l'altro con questo racconto che, nelle sue intenzioni, dovrebbe spiegare come e perché il Concilio "ruppe con l'immobilismo degli anni Cinquanta". Eccolo: «in quegli anni talvolta veniva a casa un padre benedettino, pio e assai famoso. Si fermava anche a dormire. Una sera, sul finire del 1953, al momento delle preghiere chiamò me e mia moglie Angelina: "E ora preghiamo per la morte del Pontefice". Con mia moglie ci guardammo stupefatti: Papa Pio XII stava benissimo. Lui, quieto, replicò al nostro disagio: "Ora il Santo Padre è un peso per la Chiesa. Preghiamo perché il Signore se lo prenda presto"». E questo era il religioso "pio e famoso".
Il popolo cattolico stava, allora come oggi, con il Papa, ma il "magistero parallelo" lo pretende al suo seguito. Come Pannella.











Più «buono» di quanto chieda Cristo…


La malia della bontà.


Una Chiesa dura sui principi e mite nella pratica, e cardinali più buoni di quanto Cristo stesso chieda...


di Francesco Agnoli.

Il Foglio 27 marzo 06


Il cardinal Carlo Maria Martini, non ci sta: non vuole essere annoverato, lui, con fama di cattolico progressista, adulto, già aspirante Papa, tra i cattivi, i duri di cervice, che si oppongono con fermezza all’avanzare della modernità. Tutto è in forse, per lui, dal preservativo, all’aborto, all’eutanasia, alla fecondazione artificiale: non bisogna “condannare”, ma solo aprire la porta, non si sa quanto, né come, né in base a quali principi. L’importante è dire che la porta è aperta, e che tutti, in qualche modo, potranno prima o poi entrarci, in nome di questa o quella peculiarità, di questo o di quel caso pietoso. Martini affida il suo pensiero, totalmente altro da quello della chiesa, non a un dialogo interno ad essa, ma a una intervista coram populo, all’Espresso, lì dove lo ospitano volentieri. Lì, forse, lo avrebbero voluto Papa. Lì sono illuminati, e sanno dare spazio ai cattolici, basta che dicano esattamente ciò che a loro piace.
Il mondo, in senso evangelico, è astuto, ma Martini non lo sa. Lui, al contrario, è solo puro come colomba, non astuto come serpente: più buono ancora di quanto Cristo stesso richieda. E’ facile, in realtà, apparire buoni. Ogni padre, ogni maestro saprebbe come fare, per non essere contestato, né ingiuriato (ma, alla fine, neppure amato). Si sa come agire, per non dover portare la fatica dell’educazione: “Lasciate fare, lasciate passare…”. Alla scuola di Pilato, tutti noi abbiamo imparato a non essere fastidiosi: così è se vi pare, altrimenti, fate vobis, io non me la sento…
Questo il problema: la modernità ci ha insegnato che il bene è forse bello, ma sempre con misura, abilmente mescolato a un po’ di male. Non crediamo cioè, anzitutto noi cattolici (io e Martini compresi), che il bene sia fatto per noi, per la nostra felicità: che ciò che la legge morale ci chiede sia ordinato alla nostra salvezza, non solo eterna, ma anche terrena. Non siamo più neppure pagani: la virtù è parola noiosa, evoca salite, difficoltà, sacrifici, e basta. Non esalta, non stimola il nostro spirito, non fa cantare il nostro cuore. Eppure già Cicerone scriveva che “non vi è mai alcunché di vantaggioso, se in pari tempo non sia moralmente buono; e non perché è vantaggioso è moralmente buono, ma perché moralmente buono è anche vantaggioso”. “Vantaggioso”, per i cattolici, dovrebbe essere tutto ciò che Cristo ci ha insegnato, anche se faticoso: “Il mio giogo è leggero”. Leggero perché, se lui è Padre, non può chiederci nulla che non siamo in grado di sopportare: se ci chiede la castità, la sofferenza, se non ci dona la gioia dei figli, rimane pur sempre il Salvatore, colui che dà infinitamente più di quanto prenda. Noi invece, mancando di fede, siamo spesso convinti che il giogo del mondo sia più sopportabile, più leggero, e che le strade larghe, le pianure aperte, siano più riposanti e più belle delle colline e delle montagne che portano in alto.

Il paradosso dell’amore.

Ma Martini, che della Chiesa è un principe, dovrebbe sapere quale è il pensiero e l’azione della sposa di Cristo. Come ha scritto qualcuno, “la Chiesa è per principio intransigente, perché crede; nella pratica è tollerante, perché ama”, mentre spesso il mondo è tollerante per principio, perché non crede, e intransigente nella pratica, perché non ama.
Chi è contro l’aborto? I cattolici, per lo più. E chi aiuta, ogni giorno, centinaia di donne che hanno bisogno di sostegno, non solo per partorire, ma anche per superare il dolore del post aborto? Gli stessi di cui sopra. Non è un vanto, ma una responsabilità. Non si è buoni cedendo sui principi, ma amando nella pratica: difficilissimo, terribile, e per questo nessuno può veramente sentirsi a posto, con le parole. E per il preservativo, l’Africa, l’Aids? Possiamo, senza mentire, insegnare agli africani che la loro salvezza viene dal caucciù? I missionari, più aperti di Martini nella pratica, più intransigenti di lui nei principi, sanno che ciò che conta è educare all’amore: questo è tutto. Là dove il maschio fa spesso quello che vuole, dove vigono la poligamia, la promiscuità, la mancanza di igiene, possiamo affidarci a un po’ di plastica, da usarsi in un certo modo, con tante precauzioni, e che ha, nonostante tutto, un’alta percentuale di fallimenti?
Il preservativo, prescindendo da qualsiasi degradazione accidentale, ha già di per sé fessure, plissettature, cavità, porosità, che lo rendono non di rado inefficace, anche come contraccettivo (Massimo Pelliconi, “Diventerete come dei”, Itaca). Come può proteggere dal virus dell’Hiv, che è 450 volte più piccolo di uno spermatozoo?
 
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aragorn88
view post Posted on 30/4/2006, 15:12




L’intervista a Martini: una sfilza di luoghi comuni politicamente corretti.


CHE RISCHIO SE MARTINI FOSSE DIVENTATO PAPA.



di AMAKUSA SHIRO*
*il samurai cristiano

La Padania
[Data pubblicazione: 29/04/2006]



A leggere le dieci, diconsi dieci, fittissime pagine che «L’Espresso» del 21 aprile 2006 ha dedicato a un dialogo (si prenda nota di questa parola perché costituisce il LeitMotiv di tutta la faccenda) tra il cardinale Carlo Maria Martini e il chirurgo bioeticista Ignazio Marino, l’impressione che se ne cava è quella del dialogo, sì, ma tra sordi che si producono in una tutto sommato inutile e verbosa comparsata. Il primo mancava da tempo sulle scene (il secondo non c’è mai stato), e ci ha pensato il settimanale a metterlo addirittura in copertina come «esclusivo». Uno scoop che, francamente, lascia il tempo che trova, perché quel che aleggia sulle migliaia di parole stampate è la formidabile noia, assolutamemente simile a quella che si provava alle omelie dei pastori democristiani d’una volta. Se uno volesse un preclaro esempio di linguaggio curiale, con grande spreco si condizionali, di «forse» e di «quasi», di colpi ai cerchi e alle botti, di impiego di centinaia di parole per dire quel che si poteva dire con cinque o sei, ecco, ritagli queste pagine e le studi attentamente: magari, potrebbero tornare buone quando, da grande, decidesse di fare il predicatore nell’Italia prodiana del Terzo Millennio. Stando a quel che c’è scritto, apprendiamo che il Marino fa trapianti ed ha scritto un libro, Credere e curare, per il quale Martini si complimenta. Del libro non sappiamo, ma nel «dialogo» dell’«Espresso» ci sono una sfilza di luoghi comuni politicamente corretti, come l’aborto che è pur sempre un «dramma» e una «sconfitta», i donatori di organi che sono troppi pochi, la ricerca scientifica che deve essere quanto più possibile libera, il richiamo a una maggiore responsabilità etica per i ricercatori e via di questo passo. Esempio: «Su temi così delicati il rischio è di cadere in facili contrapposizioni e strumentalizzazioni che non portano alcun vantaggio, se non quello di creare fratture nella società». Con buona pace dell’italiano, l’importante è «individuare punti di incontro e non di divisione». Oh, e qui il Martini si trova perfettamente a suo agio, appartenendo egli alla generazione che dal B. Giovanni XXIII ereditò una sola frase (opportunamente estrapolata dal contesto): «Bisogna cercare ciò che unisce e non quel che divide». Ci hanno messo dieci pagine per parlarsi addosso l’un l’altro, auspice il settimanale di sinistra, evitando col lanternino le contrapposizioni, i sì e i no, abbondando l’uno di dati «scientifici» e l’altro di citazioni evangeliche (tranne questa: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» -Mt 5, 37). Epperò, districandosi -il lettore- tra le circonvoluzioni, emerge una certa critica (di Marino) nei confronti della legge 40, che avrebbe scelto «una via semplicistica», mentre dovrebbe essere «flessibile». Segue una tirata sul cosiddetto pre-embione, cui il cardinale risponde testuale: «Mi pare anche che quanto lei propone permetterebbe il superamento di quel rifiuto di ogni forma di fecondazione artificiale che è ancora presente in non pochi ambienti». Già, esattamente quegli ambienti che hanno impallinato il referendum sulla 40. L’autore di Credere e curare prosegue: «Dal punto di vista scientifico è ipotizzabile, anche se non ancora confermato, che le cellule staminali embrionali siano le più adatte ai fini di ricerca». E ti pareva. Martini, bontà sua, non è d’accordo, anche se annega il suo dissenso nel solito mare di parole, preoccupato com’è dall’eventualità «che ci si scontrasse sulla base di principi astratti e generali là dove invece siamo in una di quelle zone grigie dove è doveroso non entrare con giudizi apodittici». Marino invece si lancia proprio in giudizi apodittici: «Nessuno può negare che la legge ha permesso di ridurre il numero complessivo degli aborti e di tenere sotto controllo quelli clandestini». Balla cosmica, che Martini, però, sembra condividere (azzerando di fatto l’argomento principale degli antiabortisti) quando dice che «è tutto sommato positivo che la legge abbia contribuito a ridurli e tendenzialmente a eliminarli». Per giunta, condivide anche il disappunto di Marino per la scarsità di organi da trapiantare, per cui bisogna «propagandare il più possibile il principio della donazione e far crescere la coscienza collettiva su questo punto». Evidentemente sua eminenza non sa che il prelievo di organi si fa «a cuore battente» e che non è affatto chiaro, neanche scientificamente, quando si può dire che uno sia davvero morto (esiste a Bergamo addirittura una Lega contro la Predazione degli Organi). E si giunge all’Aids, con il lamento sulla solita Africa. A nessuno dei due dialoganti, però, viene in mente di scrutare quali siano le zone africane colpite, altrimenti avrebbero scoperto che non sono quelle di missione cattolica, dove l’Aids semplicemente non esiste. Invece, sua eminenza fa l’apodittico anche lui: «Certamente l’uso del profilattico può costituire in certe situazioni un male minore». Ah. E, non contento: «C’è poi la situazione particolare di sposi uno dei quali è affetto da Aids. Costui è obbligato a proteggere l’altro partner e questi deve potersi proteggere». Naturalmente, l’astinenza pura e semplice non viene neanche presa in considerazione. Ed eccoci all’eutanasia. Martini: «Neppure io tuttavia vorrei condannare le persone che compiono un simile gesto su richiesta di una persona ridotta agli estremi e per puro sentimento di altruismo, come pure quelli che in condizioni fisiche e psichiche disastrose lo chiedono per sé».
Come sappiamo, abbiamo corso il rischio che al posto di Ratzinger ci fosse Martini. E poi dicono che il Conclave non è assistito dallo Spirito Santo…
 
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aragorn88
view post Posted on 12/8/2006, 12:05




Il Fumo di satana nella Chiesa di Dio:



Dialogo tra marxisti e cattolici
Se velleità edonistiche uniscono
i cattolici agli 'anti-credenti'

Di mons. Alessandro Maggiolini,
vescovo di Como

QN 23-06-2006



Sono ormai mesi – anzi, anni – che Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI insistono su problemi di bioetica: cioè, su problemi morali riguardanti il rispetto e la promozione della persona umana. Aborto. Cellule staminali al loro inizio. Omosessualità. Convivenze pseudomatrimoniali con un bollo piccolo piccolo di legalità. Eutanasia. E altre faccende simili e intuibili. Decenni fa la Chiesa su queste faccende non insisteva più di tanto: non perché non si trattasse di fenomeni gravi, ma perché erano comportamenti quasi istintivamente rifiutati dalla gente comune di buon senso. Metteva invece l’accento sulla esigenza della giustizia, soprattutto economica, contrapponendo ricchi e poveri, con più di un accenno di condanna al sistema capitalistico attuato quasi senza norme limitative.
Perché questo cambiamento di tematica nel magistero ecclesiale? In un acuto articolo di Galli Della Loggia del 18 c.m., lo storico contemporaneo legge il mutamento di confronto nel fatto che – semplificando – almeno per i paesi economicamente sviluppati si è notevolmente attenuata la forza della classe operaia e il benessere si è diffuso in modo rilevante. Il valore sommo da salvare si rivela, così, l’uomo nella sua originalità assoluta.
Se l’intuizione è vera, allora i cattolici dei paesi ricchi sono costretti a rivedere il loro argomentarlo e la loro scala di valori su cui puntare gli sforzi per una società più giusta. Non a caso si ha l’impressione che il cattocomunismo sia un rudere da consegnare alla storia senza speranze di ripresa. Allora, però, ciò che indurrebbe a legare credenti e non credenti ideologizzati non sarebbe quasi più la questione sociale, ma la felicità del piacere corporeo, soprattutto sessuale.
Così molti cattolici perderebbero le loro motivazioni di dialogo e di lotta e si intrupperebbero in un amalgama di velleità edonistiche che non baderebbe più alla preziosità unica della persona umana. Chiedo scusa del riassunto sbrigativo e senza troppe sfumature. Esistono ancora i poveri anche nei paesi opulenti. E c’è altro: il campo nel quale si stanno incontrando cattolici e anticredenti si identifica in un argomentarlo che include il terzomondismo, l’ecologia, una pace indistinta e cose del genere. Sia chiaro: cause decisive, ma, se non si precisano i confini dei problemi, si rischia di limitarsi a parole vuote, a manifestazioni gridate, a bandiere spiegate dietro le quali non si disegnano ideali veri e precisi.
Su questo rilievo rifletta Galli Della Loggia. I vecchi cattocomunisti inizino a tirare i remi in barca. I credenti autentici si impegnino a risolvere le questioni che le dittature hanno lasciato alle spalle.
 
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aragorn88
view post Posted on 22/1/2007, 23:32




“L’error de’ ciechi che si credono duci”.
L’ennesima sparata a salve del sig. Martini.

Di Vandeano2005


Francamente eravamo preoccupati: così tanti mesi e il sig. Martini non usciva con una delle sue. Ormai le sue periodiche sparate neomoderniste e anticattoliche sono diventate così tipiche e topiche da sentirne la mancanza, quando non le lancia dalla sua Turris eburnea.

Con chi ce l’ha stavolta Martini?
Che domanda!!!!
Ma con la Chiesa, naturalmente.

Molti organi di stampa di oggi (22-01-2007) riportano una sua presa di posizione sul caso Welby, sempre contro la dottrina cattolica e l’etica naturale. Del resto, al sig. Martini toglietegli tutto ma non il fascino dell’applauso del mondo e del secolo. E ovviamente del Principe di questo mondo. Ora Martini è veramente geniale: l’unico caso di autoscomunica, di autosospensione della Storia della Chiesa. Sì, perché il Nostro non ha il fegato (o le palle, scegliete voi) di seguire le orme dei vari Ario, Nestorio, Lutero, Calvino, Giansenio etc…ossia di rompere apertamente con la roccia di Pietro. Sta sulla soglia tra l’ossequio formale alla dottrina e l’eterodossia di fatto delle sue posizioni.

E’ un caso la persa di posizione di Martini in questo momento?

Per niente!!!!!!

Il Parlamento italiano sta discutendo e discuterà a breve importanti provvedimenti in materia di bioetica e ti pare che il buon Mart. non porgesse la sponda ai laicisti di ogni schieramento, ai relativisti, ai nichilisti, ai giacobini e alla pseudodestra criptogiacobina? E dove li mettiamo i modernisti politici, i cattolici adult(er)i che prescindono dalla loro fede nel agire politico, anteponendo Cesare a Dio? Insomma il sig. Martini tenta di dare una “benedizione” pseudocattolica a eventuali ddl pro-eutanasia o consimili. E non meniamo la solita litania che il pensiero dell’eccelso intellettuale sia stato frainteso. Altrimenti dovremmo ritenere che il sig. Martini sia intellettualmente sprovveduto e questo non ci sembra affatto vero.

Quali effetti avrà questa presa di posizione?

Nessuno!!!!!!!!!!!!


Ormai Martini è “bruciato” come esponente cattolico e le sue uscite sono percepite da ogni mente sana, laica o cattolica che sia, come pro-gauche e pro-Rivoluzione.

Ed eccoci allo scopo più profondo dell’intervento di Martini:

Lo scontro sotterraneo (sempre meno) tra cattolici e neomodernisti dentro la Chiesa (o ciò che ne rimane, visto i disastri degli ultimi otto-dieci lustri).


Intendiamoci bene: nella battaglia antimodernista il sig. Martini va visto come un valido avversario della controparte anticristica, ma ormai al tramonto. E non tanto per ragioni anagrafiche, quanto perché la nuova generazione di modernisti, anche curiali, compresi alcuni che si trovano addirittura a Roma (o ne sono stati strategicamente chiamati dal Grande Bavarese), e ai quali si riferiva papa Benedetto XVI quando parlava dei “lupi” dai quali dobbiamo aiutarlo a liberarsi, è pronta a sferrare, dopo tattici aggiustamenti, l’assalto finale alla dottrina di Cristo, su tre fronti:

1) Superamento del Primato di giurisdizione del Romano Pontefice, con la riduzione dello stesso a Primus inter partes per ragioni ecumenico-mondialiste

2) Progressiva svalutazione del SS. Sacramento dell’Altare con la costante eliminazione della Comunione frequente con la scusa di ritornare alle origini, ma col disegno luciferino di eliminare Nostro Signore e il suo Santo Sacrifico, ridotto ad assemblea dei fedeli, lettura del testo sacro. In una parola: Nuova Gnosi protestantica

3) Collassamento in materia morale e disciplinare, introducendo limitazioni e poi progressiva eliminazione del celibato ecclesiastico, della disciplina clericale, già assai compromessa dal postconcilio per poi cedere allo spirito mondano e satanico anche in materia di bioetica, Vita, Famiglia etc…Del resto, già qualche lupo travestito da agnello della nuova generazione modernista ha lanciato il sasso nello stagno, nascondendo poi la mano in merito al celibato ecclesiastico. Aveva ragione mons. Andrea Scotton nell’affermare che i modernisti possono cambiare stratagemmi, ma non la sostanza della loro strategia. Rimangono gli stessi da Loisy a Martini e oltre.

Exurge, Domine, Quare obdormis?


Signore, sorgete, anzi state già preparando i vostri missionari della ControRivoluzione, quelli intravisti da S. Luigi da Monfort, che faranno piazza pulita della pula neomodernista. Realizzeranno le parole (poco conosciute dai più) dette da Gesù ai pastorelli di Fatima: ossia che coloro che nella Chiesa avranno introdotto l’abominio della Desolazione, che avranno aiutato il figlio della Perdizione, l’Anticristo, faranno la fine dell’aristocrazia corrotta e corrosa dalle idee illuministico-materialistiche, la fine dei rivoluzionari della prima ora: ad annientarli non sarà la lama della ghigliottina, ma il piede purissimo della TuttaSanta, dell’Immacolata, di Colei che ha distrutto tutte le eresie del mondo intero, la Beata e Sempre Vergine Maria.

I vari Murri, Fogazzaro, Bugnini, Martini passano, la Chiesa di Cristo, nonostante i marosi della Storia e le lotte che l’attendono, risplenderà più luminosa che mai, rinnovata dal Divino Consolatore, lo Spirito di Vita, e così sarà rinnovata la faccia della terra, anche con l’instaurazione della nuova Civiltà Cristiana.


Memento:

Non ingannatevi, fratelli miei.
Quelli che corrompono la famiglia “non erediteranno il regno di Dio”.
Se quelli che fanno ciò secondo la carne muoiono, tanto più chi con una dottrina perversa corrompe la fede di Dio per la quale Cristo fu crocifisso!
Egli, divenuto impuro, finirà nel fuoco eterno
e insieme a lui anche chi lo ascolta.

S. Ignazio d’Antiochia



Si hominibus placerem,
servus Christi non essem
“Se ancora piacessi agli esseri umani],
non sarei servo di Gesù Cristo”
(Gal I,10)

 
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