ForumFree

Dossetti e il dossettismo

« Older   Newer »
  Share  
aragorn88
icon7  view post Posted on 22/8/2006, 10:47




I carneadi della Chiesa contemporanea: Dossetti & C.(1)

Concilio "capovolto" e Opus Dei. Un inedito bomba
di Giuseppe Dossetti



di Sandro Magister


Esce per la prima volta in un libro una conversazione di Dossetti del 1984. In essa, egli rivendica a sé d´aver capovolto le sorti del Vaticano II. E contro l´Opus Dei e papa Wojtyla dice cose di fuoco.


[Da www.chiesa.espressonline.it/, 1 dicembre 2003]




ROMA - L´uomo che più ha ispirato la cultura cattolica del secondo Novecento in Italia è sicuramente Giuseppe Dossetti. Ma non solo. Dossetti ha dato una grande impronta allo svolgimento del Concilio Vaticano II, a livello di Chiesa mondiale. E in seguito ha generato un´interpretazione specialissima dello stesso Concilio, che ha avuto universale fortuna.

Di lui è uscito in questi giorni un inedito di forte interesse. È una lunga conversazione che egli ebbe nel 1984, quand´era monaco a Bologna, con altri tre esponenti di spicco della cultura cattolica: l´allora rettore dell´Università Cattolica di Milano, Giuseppe Lazzati, di cui è in corso il processo di beatificazione, lo storico Pietro Scoppola e il costituzionalista Leopoldo Elia.

Dossetti è morto nel 1996, Lazzati nel 1986, e Scoppola ed Elia hanno reso pubblico in un libro il testo della conversazione, che era stata registrata su nastro.

In essa, tra le varie cose, Dossetti mostra d´aver piena consapevolezza dell´influsso da lui esercitato sul Concilio, come esperto del cardinale Giacomo Lercaro che era uno dei quattro "moderatori" dell´assise. Prima di farsi teologo e monaco, Dossetti aveva studiato diritto ecclesiastico, aveva militato nella guerra partigiana contro fascisti e tedeschi, e poi era stato un politico di prima grandezza nel partito dominante in Italia, la Democrazia Cristiana, dove aveva affinato la sua padronanza dei meccanismi assembleari.

E nel Concilio egli mise a frutto questi suoi talenti con straordinaria efficacia. Nella conversazione ora divenuta libro ha un passaggio, a p. 106, dove rivendica esplicitamente a sé d´aver "capovolto le sorti" dell´assise grazie alla propria aggressività "partigiana", determinando la vittoria dei novatori e la sconfitta dei tradizionalisti:

"Abbiamo in qualche modo contribuito con la nostra azione precedente anche all´esito del Concilio. Si è potuto fare qualcosa al Concilio in funzione di un´esperienza storica [da me] vissuta nel mondo politico, anche da un punto di vista tecnico assembleare che qualcosa ha contato. Perché nel momento decisivo proprio la mia esperienza assembleare, sorretta da[l giurista Costantino] Mortati, ha capovolto le sorti del Concilio stesso. [Il cardinale Leo] Suenens mi disse un giorno: ´Ma lei è un partigiano del Concilio!´. Io agivo come partigiano. Ma a parte certi problemi tecnici, assembleari, eccetera, si portò al Concilio - anche se non fu trionfante - una certa ecclesiologia che era riflesso anche dell´esperienza politica fatta e della necessità di non impegnare la Chiesa nelle cose mondane, la Chiesa in quanto tale".

In altre pagine del libro la conversazione tocca un questione ancor oggi scottante: il peso dato da papa Giovanni Paolo II a movimenti come l´Opus Dei e Comunione e Liberazione. La critica rivolta a questi movimenti e allo stesso papa è aspra e tuttora attuale, a quasi vent´anni di distanza.

Ecco qui di seguito il passaggio che riguarda più direttamente l´organizzazione fondata da san José Maria Escrivá de Balaguer:

"Dove si distingue questa cosa dalla massoneria?"

(Da "A colloquio con Dossetti e Lazzati. Intervista di Leopoldo Elia e Pietro Scoppola", pp. 99.109-112)

G. LAZZATI. Si apre nel ´78 il problema dei rapporti fra Cei [conferenza episcopale italiana] e papa. Non sono certo i migliori: per quanto io riesco a capire il papa non si rende conto della situazione italiana, chiuso com´è nel modello della sua esperienza polacca, lontanissimo da quella che è la storia del nostro paese, e ritiene che quel modello possa essere riportato da noi. Non per niente appoggia quei movimenti, Comunione e Liberazione e Opus Dei, che in fondo cercano di interpretare quel disegno. E da qui i cortocircuiti fra fede e vita politica, le famose autonomie delle realtà temporali negate, per cui nella fede tutto è assorbito. [...] [Giovanni Paolo II non sarà mica cristianista? O Forse è semplicemente cattolico N.d.R]


G. DOSSETTI. Per l´Opus Dei la cosa, secondo me, è ancora più formalizzata [che per Cl]. È tanto che mi propongo di ricercare sul "Commentarium pro religiosis" [...] l´estratto di un documento della congregazione dei religiosi che autorizzava l´Opus Dei ad agire nelle diocesi senza presentare i propri statuti ai vescovi, ma presentandone solo un estratto. Da questo si può dedurre tutto. [...] Siamo nell´ambito della mancanza totale di democrazia. [...] Il nuovo codice riconosce la prelatura nullius. [...] Anche il Concilio ha approvato la prelatura nullius, cioè questa erezione in diocesi senza territorio per avere un proprio clero a fini particolari, primo caso la Mission de France. [Ma il Concilio] non prevedeva che dovesse avere un popolo. [Invece] le prelature nullius come sono state approvate dal codice e come sono nel caso dell´Opus Dei prevedono un loro popolo, non solo dei sacerdoti deputati a fini particolari. Ma come si determina questo popolo? Non è determinato per territorio, non è determinato per rito, non è determinato per altre condizioni generali, ma per un contratto, con criteri associativi. È chiaro che i vescovi hanno reagito molto. E poi ci sono dei procedimenti nel segreto. Dove si distingue questa cosa dalla massoneria? Hanno dei poteri speciali per l´ordinazione dei sacerdoti. [Insomma Dan Brown si è ispirato a Dossetti…onori al merito del “santo monaco” N.d.R.]

P. SCOPPOLA. Hanno adesso una facoltà di teologia a Roma. [...]

G. DOSSETTI. Ma sai cosa vuol dire questo? Produrre un clero proprio.

L. ELIA. Ed infatti è quello che già stanno facendo.

G. DOSSETTI. Io torno a dire che questo non è solo il risultato di certe manovre, ma anche una scelta personale, un´opzione del Vaticano.[si accusa papa Giovanni paolo II? E l’obbedienza al papa? N.d.R.] E dato che c´è questa opzione, il resistere, l´oppporsi diviene molto relativo. Però bisogna farlo ugualmente.

L. ELIA. Hai fatto un paragone con i gesuiti. La risposta [del Vaticano] potrebbe essere: "Io prendo il mio bene un po´ dove lo trovo", cioè questi sono i più adatti a questa stagione della Chiesa; il criterio territoriale è troppo differenziato, abbiamo bisogno di truppe scelte.

G. DOSSETTI. Qui ritorna il problema della gerarchia delle norme, perché la territorialità della Chiesa, nelle Chiese locali, ha una radice.

L. ELIA. Non è un criterio meramente organizzativo.

G. DOSSETTI. Il Concilio lo ha detto. [Signori e signori al Vera Chiesa di Cristo è nata nel 1962, prima era gestita da una masnada di sprovveduti N.d.R.]

P. SCOPPOLA. Quindi il primato dei movimenti incontra un limite insuperabile: i movimenti sono possibili ma all´interno di questo criterio. Ma l´Opus Dei non rifiuta più il momento della territorialità e punta anche alla conquista delle istituzioni territoriali, ad avere i propri vescovi, le proprie parrocchie. In una prima fase si muovevano solo nella logica del movimento, adesso [...] si muovono su due binari contemporaneamente.

G. DOSSETTI. Questo conferma che l´opzione è precisa, è vaticana: secondo me è nel quadro di questa opzione la sostituzione del [cardinale Sebastiano] Baggio col [cardinale Bernardin] Gantin, quest´uomo d´Africa, del Dahomey; lui è negro, è stato arcivescovo di Cotonou. Questa sostituzione è di una evidenza chiara, secondo me: vuol dire mettere [a capo della congregazione per i vescovi] un uomo ancora più estraneo e più direttamente irresponsabile. Perché Baggio o chi per lui, di estrazione europea o italiana, era ancora un filtro per una conoscenza più profonda delle cose. Adesso mi hanno detto, ma non so se sia vero, che Gantin stesso è affiliato o amicissimo dell´Opus Dei. Quindi il fenomeno di Comunione e Liberazione io lo inquadro in un problema più grande che riguarda tutta la Chiesa e che investe proprio le fondamenta della visione ecclesiale.

__________

Il libro:

"A colloquio con Dossetti e Lazzati. Intervista di Leopoldo Elia e Pietro Scoppola (19 novembre 1984)", il Mulino, Bologna, 2003, pagine 164, euro 11,50.





 
Top
aragorn88
view post Posted on 30/8/2006, 12:33




I carneadi della Chiesa contemporanea: Dossetti & C.(2)



Intensità d'una gran illusione
(Dossetti e dossettismo)


di Augusto Del Noce


Unità strettissima di religione e politica. Ma separazione tra momento idealistico e momento realistico. Chi sono oggi gli epigoni.


[Da "Il Sabato", 27 aprile 1985, n. 17]


Per intendere il dossettismo occorre che ci riferiamo alla storia dell’università Cattolica. E così facendo notiamo subito una separazione fra dossettismo e popolarismo. L’università Cattolica e il Ppi hanno avuto, infatti, origini diverse. E’ troppo nota, infatti, la diversità di orientamento, già nel 1919, tra Gemelli e Olgiati da un lato, e Sturzo dall’altro, perché convenga fermarcisi.

Si è spesso detto che la Cattolica negli anni precedenti all’alleanza del fascismo con il nazismo, e anzi fino alla guerra, aveva avuto un atteggiamento pro-fascista: esso va interpretato, però, nel suo significato preciso. Per capirlo dobbiamo pensare all’impostazione prevalente che si diede alla Prima guerra mondiale, che venne intesa, soprattutto in Italia, come guerra contro i residui del Medioevo, l’Impero asburgico e insieme, anche se indirettamente, contro la Chiesa cattolica. O, più in generale, alla tradizionale impostazione «antimoderna» della filosofia della storia ottocentesca, continuata nei primi decenni del Novecento (L’Antimoderne di Maritain è del 1922).

Nel dopoguerra si era manifestato il fenomeno nuovo del fascismo, che non aveva matrici cattoliche, ma che per ragioni storiche, coincidenti con la difesa della nazione italiana, sembrava combattere gli stessi avversari del cattolicesimo: la massoneria, il liberalismo, il socialismo, il comunismo. Poteva perciò generarsi nel mondo dell’università Cattolica un’aspettativa benevola rispetto al fascismo. Esso era visto come un fenomeno di transizione, in sé non certamente cattolico, ma che poteva però preparare la successione a una restaurazione cattolica, per ciò che ne annientava gli avversari.

Il nazismo e la guerra rovesciarono questa posizione. Fu così che i giovani dell’università Cattolica passarono all’antifascismo.

Di quel gruppo di giovani in cui si operò questa sorta di conversione all’antifascismo facevano parte i Dossetti e i Lazzati. Questi giovani non avevano inizialmente alcuna intenzione di dedicarsi alla politica. Ma considerarono un dovere religioso impegnarsi, vista la minaccia rappresentata dal fascismo come fenomeno mondiale. L’impegno di alcuni di loro nella Resistenza li portò poi ad intendere quel fenomeno storico come un fatto unitario da cui le varie forze sarebbero state trasformate.

Così i cattolici avrebbero abbandonato le nostalgie «reazionarie» e incontrato la democrazia; né mancava la speranza che i comunisti, progressivamente, avrebbero abbandonato la sovrastruttura atea.

Restava il fatto che il favore accordato dalla Chiesa ai movimenti fascisti non poteva essere considerato come un fatto che non avesse lontane ragioni. Penso che uno dei punti essenziali di quello che poi si sarebbe chiamato dossettismo stia nella visione della storia della Chiesa in età moderna. In essa Dossetti vedeva un limite; la Chiesa si sarebbe posta generalmente dalla parte della reazione e le illusioni rispetto al fascismo erano le conclusioni di un lungo processo. Il dossettismo pensa che questo errore corrisponda, nelle sue radici ultime, ad un difetto teologico che risale alla Controriforma e al Concilio di Trento. Da qui la necessità di una revisione teologica e le speranze nel Concilio, ove la linea dossettiana trovò espressione nel cardinal Lercaro, che l’aveva condivisa.

La necessità di andare oltre la politica per una revisione teologica che ne stabilisse le condizioni spiega l’uscita dalla politica da parte di Dossetti e la fondazione del Centro di documentazione di Bologna. Con questo scopo: realizzare una vera riforma della Chiesa. Parlo di «vera riforma» nel senso del titolo del celebre libro del padre domenicano Congar Vraie et fausse réforme dans l’Eglis. «Vera riforma» che non vuol quindi aver nulla a che fare con l’eresia.

Non mancano evidentemente altri motivi per spiegare il ritiro dalla politica di Dossetti. Tra il ’45 e il ’48 il fronte unitario delle forze antifasciste si era rotto e la Dc aveva assunto il ruolo di punto di riferimento dei vari anticomunismi; e Dossetti temeva l’idea di un blocco anticomunista che non recuperasse quell’elemento positivo che c’era nel comunismo. Inoltre molti hanno parlato a proposito di Dossetti di integralismo, inteso come unità strettissima di religione e politica e hanno contrapposto questa posizione a quella di De Gasperi che guarda soprattutto alla distinzione dei due termini, pur mantenendo l’ispirazione cristiana.

Normalmente si intende per integralismo una linea che insiste sull’unità di religione e politica. E’ difficile negare il carattere integralistico del dossettismo, anche se si trattò di un integralismo di carattere particolare, diverso, od opposto, ad altri. Politicamente, però, Dossetti si trovò isolato fra il democratismo di De Gasperi e l’anticomunismo radicale di Gedda. Da qui venne un altro motivo che lo spinse all’abbandono della politica.

A partire da questi fatti si determina nel dossettismo una separazione fra momento idealistico e momento realistico. Mentre l’uno (abbracciato totalmente da Dossetti) rifiuta la politica, l’altro (fatto proprio da notevole parte dei dossettiani) vuole immergersi nella politica avendo come avversario la Dc, vista come cedimento alla borghesia. Da ciò, in vari allievi di Dossetti, la vicinanza al Pci. Non a caso alcuni di loro si ritrovano oggi eletti nelle liste Pci, come indipendenti di sinistra.

Non si può dire perciò che il dossettismo sia un fenomeno completamente esaurito. Esso vive nella polemica di una parte notevole degli indipendenti di sinistra cattolici. Soprattutto non si può negargli il merito di aver cercato di dare un’anima idealistica alla politica dei cattolici. L’unico tentativo, o almeno quello di maggior rilievo, prima di Comunione e liberazione; che presenta però caratteri assai differenti.

Questo non deve impedire di cogliere il suo limite che sta nell’aver abbracciato un’interpretazione della storia contemporanea che alla luce dei fatti non regge più. L’idea stessa che il dossettismo ha del marxismo, inteso come verità impazzita, non può essere assolutamente giustificata. Né tantomeno quella mitica interpretazione della Resistenza intesa non come unità di fatto, tra forze divergenti contro un comune avversario, ma di valori.






 
Top
1 replies since 22/8/2006, 10:47   182 views
  Share