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Stars and Stripes and Jesus

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aragorn88
icon10  view post Posted on 19/8/2006, 11:06




Gli Stati Uniti d’America fra Wojtyla e Ratzinger:


Stars and Stripes
and Jesus

di Marco Respinti

Percorsi di cultura politica, a. IV, n°3,
maggio-giugno 2005, pp.41-50

Gli Stati Uniti d’America sono un Paese strano. Addirittura indecifrabile, contraddittorio, eccentrico. Così almeno per la maggior parte degli intellettuali europei – amici o nemici che siano dell’ultima superpotenza occidentale rimasta -, e per questo in ragione di un’altezzosa (e sempre presente anche quando dissimulata e inconsapevole) pretesa di superiorità culturale da parte del raffinato Vecchio Continente rispetto al rozzo Nuovo Mondo. In realtà è l’Europa che oggi rischia di apparire molto vecchia e assai poco antica, laddove gli Stati Uniti si caratterizzano sempre più come un Paese dal futuro antico. Se c’è un luogo, infatti, in cui l’Occidente mostra segni di senescenza, di decadimento, di smarrimento culturale e di crisi d’identità questo è proprio l’Europa.. E spesso gli Stati Uniti non le sono poi molto diversi, questo è anzitutto da imputare ancora all’Europa, incapace di esportare nel Nuovo Mondo il meglio di sé, e in secondo luogo in palese stridore con quei segni di giovinezza e di vitalità distintamente statunitensi e altrove sconosciuti almeno nella misura e nelle forme assunte in America Settentrionale.
Evidentemente, la metafora della dicotomia tra vecchiezza e gioventù è solo suggestiva. A dirla tutta, l’America (nord e sud) non sarebbe alcunché senza l’Europa che l’ha scoperta, fondata, civilizzata, cristianizzata e per certi versi avviata anche alla decadenza. Così come forse – anche se è certo azzardato avventurarsi in ucronie di questo tipo – l’Europa sarebbe implosa su se stessa, e molto tempo fa, se non avesse, nel corso della propria storia, scoperto quell’impeto missionario (che in gran parte la costituisce in essenza) capace di trasformarla in faro di Civiltà per il mondo intero. Ma la questione importante è un’altra, almeno per i limiti che volontariamente chi scrive ha posto alla presente riflessione. Rispetto all’Europa, gli Stati Uniti d’America mostrano maggiore interesse per le proprie radici storiche, più affezione per il sistema valoriale e principale che ne costituisce l’identità etica e culturale, più disincanto rispetto alle sirene della Modernità filosofica, più legami strutturali con la Religione. Sono – me ne rendo conto – affermazioni che a tutta prima potrebbero apparire infondate, addirittura provocatorie, persino eterodosse. Eppure si tratta di dati di fatto che, a ben guardare, tutti in qualche misura conoscono. E’ solo cioè quando – spessissimo – ci lasciamo andare al luogo comune, indugiamo nella mentalità dominante, paghiamo pegno all’opinione corrente che crediamo di sapere il contrario, di credere cioè che gli Stati Uniti siano la patria del relativismo, della secolarizzazione e dell’homo homini lupus più spietato. Appunto, però, non è così.
Si potrebbero citare decine d’indagini sociologiche, di documenti ufficiali, di resoconti giornalistici, di expertise scientifiche, ma la freddezza (cioè anche il rigore e l’incontrovertibilità) di queste analisi non rincuorerebbe affatto. Scelgo allora solo qualche esempio evocatore, anzitutto della «stranezza» edificante di quel Paese che tutti credono di conoscere quando di penetrarne lo specifico e di cui in realtà, alla resa dei conti, nessuno sa invece offrire con soddisfazione la cifra adeguata [Ottimo Marco!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Non avrei saputo dire meglio N.d.R.]

Un Paese diverso

Gli Stati Uniti sono, infatti, il luogo dove più combattivo e vitale è il movimento, popolare e colto, di difesa della Vita umana, quello che nel corso degli anni è divenuto il luogo più efficace e fecondo di ecumenismo autentico: ovvero quello che produce non il parler paludato, ma le conversioni. Conversioni dal protestantesimo al cattolicesimo e addirittura dall’ebraismo al cattolicesimo, spesso coinvolgendo nomi clamorosi.
Gli Stati Uniti sono, poi, il luogo dove vige un’intelligente e ferrea separazione tra Chiesa e Stato federale la quale ha generato, a fronte del pluralismo religioso vigente di fatto ( e non di principio) nel Paese, una laicità assolutamente intrisa di senso del sacro come invece non è accaduto altrove. Il problema vero, infatti, non è tanto quello della Chiesa di Stato, ma quello di una Chiesa di Stato autocefala che finisce per definire autoreferenziale [Come purtroppo accade a certe “sette” ortodosse N. d. R.]. L’esempio più tipico è quello del Regno Unito, dove la Chiesa di Stato, essendo anglicana, è autocefala e dove alla fine la distinzione fra britishness e adesione alla Chiesa è divenuto tutt’uno a ovvio detrimento della seconda. La Gran Bretagna, infatti, e non gli Stati Uniti, è semmai il paese dove di fatto si è instaurata una religione civile per la quale l’essere britannico e l’essere anglicano sono sinonimi. Gli Stati Uniti sono, quindi, il luogo in cui, da almeno mezzo secolo, la riflessione di quelle forze culturali che rivendicano a sé la rappresentanza del sensus Nationis autentico s’incentra sul diritto naturale. Gli Stati Uniti sono ancora il luogo dove, dal milieu di quelle forze culturali, è scaturita un’estremizzazione del pensiero liberale che, invece di teorizzare il relativismo utilitarista più radicale come ci si potrebbe aspettare (e dove altrove è successo), si è sostanzialmente fatta reazione in nome di un revisionismo profondo che ha prodotto la riscoperta della pre-Modernità.
Gli Stati Uniti sono, dunque, il luogo in cui si pensa che i cattolici siano da sempre la maggioranza del mondo conservatore, ma non è vero: ne sono stati e ne sono guide così sapide da generare involontariamente tale illusione, ma soprattutto leaders capaci dell’autorità morale necessaria a decidere quali siano i limiti e l’oggetto del discorso. Gli Stati Uniti sono, del resto, il luogo dove quel conservatorismo che è stato ritenuto un’articolazione stessa della cultura cattolica ha in realtà costituito una grandiosa e fondamentale reazione interconfessionale rispetto ai canoni della Modernità e quindi uno strumento di apologetica d’incomparabile valore esattamente per la propria inattaccabilità sul piano confessionale. Un mondo che ha stretto alleanze inedite e irripetute fra protestanti, anglicani, cattolici, ortodossi ed ebrei, concretizzando de visu il concetto – culturale, non teologico – di giudeo-cristianesimo e creando quello di “ Orthodox Christinaity”: la ricerca vitale dei “fondamenti” di unità, pure problematica sul piano dottrinale ma assolutamente preziosa sul piano culturale e addirittura politico.
Gli Stati Uniti sono, infine, quel Paese in cui si può – anzi per certuni si deve [E a pensarla così sono sempre più persone, non solo negli USA N.d.R] – fare politica con la Religione: non politicizzare la fede, cioè, ma illuminare la propria azione pratica con i princìpi e la morale del proprio credo. Insomma gli Stati Uniti sono un Paese assai meno secolarizzato di quel che consuetamente si ritiene. Anzi: sono un Paese più intriso di religiosità della media dei Paesi europei. Tanto da configurare una sorta di oasi pre-moderna, se a “Modernità” si dà il senso filosofico di “disincanto dal mondo” anzitutto e soprattutto religioso. Battuta temeraria? Può darsi. [Analisi verissimo, caro Marco. Nessuna temerarietà N.d.R]. Ma proprio questo è ciò che sembra interessare e molto il Successore di Pietro.

Il «Papa polacco» e gli States

Ora sarebbe evidentemente temerario attribuire la Santa Sede un «trattamento di favore» verso gli Stati Uniti, che di per sé davvero non esiste. Né è qui possibile entrare nei dettagli di una questione – quella dei rapporti fra Chiesa cattolica e cultura statunitense – vasta, profonda e piuttosto complessa. Ma è nondimeno interessante cimentarsi con qualche considerazione generale – che in primis vorrebbe essere non generica, in secundis non così estemporanea o astrusa da apparire un volo pindarico – circa se non altro quelle possibilità di rapporto fecondo fra appunto Chiesa Cattolica da un lato e superpotenza “protestante” dall’altro che alcuni dati di fatto e alcune valutazioni di principio consentono, se non altro come approfondimento di quella composizione di luogo che vede significativamente apparire sullo scenario degli ultimo anni di post-guerra fredda un biografo statunitense di Giovanni Paolo II a cui sono stati messi a disposizione materiali forse fino ad allora poco frequentati - è il caso di George Weigel, autore di Testimone della speranza (Witness to Hope: The Bioggrafy of Pope John Paul II, 1999; trad. it., Milano, Mondadori, 1999) – e il nuovo Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, scelto da papa Benedetto XVI nella persona del card. Joseph Levada, già arcivescovo di San Francisco.
E queste considerazioni prendono il via da un fatto: il fatto che negli Stati Uniti i protestanti sono la maggioranza assoluta dei cittadini, ma tanto e così profondamente divisi fra loro da non riuscire a fare numero a favore – con grande evidenza – proprio dei cattolici. Per poi proseguire con la considerazione di un secondo fatto. Quello che dice che questi Stati Uniti , in cui all’alba della Repubblica, i cattolici erano una minoranza ridottissima, e che oggi (anche grazie ad un sistema costituzionale che ne ha garantito libertà di movimento) sono, invece, maggioranza relativa rispetto alle molte e divise comunità protestanti del Paese, hanno imparato a coltivare sintonie e affinità con Giovanni Paolo II del tutto inaspettate. Con la persona carismatica e accattivante di quel pontefice, certo: ma sicuramente anche con il suo Magistero, fattispecie dell’insegnamento del Vicario di Pietro sempre nuovo e sempre fedele a se stesso da duemila anni. La promulgazione il 1° maggio 1991 dell’Enciclica Centesimus annus , a cent’anni esatti dalla Rerum novarum di papa Leone XIII, venne per esempio significativamente registrata negli Stati Uniti come un evento di fondamentale importanza. Si trattava, infatti, di un documento di dottrina sociale in cui il papa operai venuto dall’Est, tanto anticomunista quanto antinazionalsocialista, e allo stesso tempo non certo prono a quelle caricature di quella economia di mercato che si trasformano in oligopoli spersonalizzanti e schiavizzanti, riconosceva nettamente il fallimento pratico, l’improponibilità teoretica e l’immoralità radicale di ogni sistema collettivistico che deresponsabilizza la persona e che economicizza, ossia matematizza, tutti gli aspetti del reale. Non si trattava – come in malafede si potrebbe dire – del tripudio del mondo del lassez faire di fronte alla benedizione papale del proprio impianto economico. Il Pontefice non risparmiava, infatti, le critiche alle storture del sistema, ma affermava con scienza e coscienza un principio basilare: abusum non tollit usum.
Laddove il comunismo che si fonda sul collettivismo resta intrinsecamente perverso, le mancanze dei sistemi ad economia libera non negano la superiorità, anzi la bontà dei loro assunti sulla cui applicazione concreta bisogna sempre vigilare, e a maggior ragione ribadisce che essi soli possono garantire misure atte ad instaurare una società a misura di uomo. Di più: a misura di uomo e secondo il piano di Dio., giacché quella dimensione teologica non era e non è – per usare un understatement – estranea né agli Stati Uniti né tantomeno al Pontefice. Non era nemmeno l’imprimatur sul liberalismo, anche perché cosa sia “liberalismo” e se esso permei di sé gli Stati Uniti è questione tutta da stabilire. Il perno della Centesimus annus, infatti, come l’intero Magistero sociale cattolico, ha il suo cuore altrove: nella persona umana. E usa dell’occasione fornita dalla riflessione in campo per esempio economico per avanzare e per difendere il “caso della persona umana” quanto al quel specifico aspetto del reale. Nel caso di Giovanni Paolo II, poi, la dimensione personalistica dell’insegnamento ex Cathedra ha proverbialmente assunto dimensioni tanto rilevanti da divenirne un tratto distintivo. E proprio la dimensione personalistica ha innescato la scintilla fra Stati Uniti e Papato cattolico. Giacché la cultura statunitense, poco propensa a elaborazioni di tipo filosofico, s’incentra tutta sull’uomo, individuo e comunità in tensione dinamica, e solo in seconda battuta (riflettendo cioè sulla «questione-uomo» in quanto tale) da essa astrae. Un’eredità feconda, questa, della cultura platonico-aristotelica così come tramandata dalla Tradizione cristiana che sola spiega il presunto «liberismo» statunitense, quello per cui oggi si viene scoprendo, e proprio negli Stati Uniti, come le istituzioni di libero mercato s’incentrino sull’idea di persona umana tipica della “seconda” scolastica iberica, sull’introspezione tomista, sul retaggio medioevale e così via risalendo.
Del resto, i sette viaggi compiuti negli Stati Uniti da Giovanni Paolo II fra il 1979 e il 1999 si sono trasformati in grandiose occasioni d’incontro con il popolo nord-americano, ricambiati poi dalle visite nella Città del Vaticano dei presidenti Ronald W. Reagan, Jmmy Carter, Bill Clinton e George Bush padre e figlio. Gli Stati Uniti hanno, pertanto, offerto al Pontefice una tribuna privilegiata da cui rivolgersi al mondo intero. Il Papa lo dimostrò prestissimo quando nel 1979, l’anno dopo la propria elezione al Soglio di Pietro, il 2 ottobre parlò alle Nazioni Unite, che certo non sono gli Stati Uniti, ma che pure hanno sede privilegiata a New York. Il pontefice parlò della pace e la definì come la difesa di quei beni a cui corrisponde al dimensione spirituale dell’esistenza dell’uomo e quindi la distinse raffinatamente dalla semplice assenza di guerra. A Washington, poi, davanti al Campidoglio disse che «la Vita umana non è soltanto un’idea o un’astrazione», ma «la realtà concreta di un essere che è capace di amore e di servizio all’umanità». Con poche, lucide parole, il pontefice indicava insomma agli Stati Uniti un compito forte: essere apostoli della Libertà autentica dell’uomo e non solo poliziotti del mondo.
Nel 1984 Giovanni Paolo II incontrò Reagan. Si dice che siano stati loro due a vincere la Guerra Fredda con il concorso di Margaret Tatcher. Certo è che il futuro lo aveva divinato, all’inizio degli anni Ottanta, addirittura il KGB. E certo è che Reagan si legò a quel papa slavo come nessun altro presidente nord-americano ha mai fatto con alcun altro pontefice romano. Negli States si è sempre detto che, dopo l’incontro con Karol Wojtyla, Reagan abbia preso in considerazione sempre più seria il messaggio di Fatima. Per meri motivi politici, dicono le malelingue. Forse…..
Il quarto viaggio papa Wojtyla lo compì dal 10 al 19 settembre 1987: Miami, New Orleans, Los Angeles, San Francisco e Detroit. L’America dei fermenti culturali alternativi e l’America della grande industria.. In Louisiania fu un bagno di folla enorme. E, come anni dopo a Denver, non solo composta da cattolici. Giovanni Paolo II è sempre riuscito, in modo concretissimo, su di sé e attorno a sé, cioè alla sua fisicità e alla sua mediaticità, a far quello che mille convegni di teoria ecumenica non sono mai riusciti nemmeno lontanamente a sfiorare. E’ così che negli Stati Uniti “protestanti” il Papa è divenuto, oltre gli steccati confessionali, un’autorità morale. Calpestando la piazza, dopo averla baciata. Fu alla McNichols Arena di Denver che, nell’agosto del 1993, il Colorado divenne la capitale morale della gioventù, della giovinezza. Che non è mai solo, e il Papa lo ha sempre saputo bene, una condizione fisica, esteriore, passeggera. L’VIII Giornata Mondiale della Gioventù divenne un inno vivente alla Vita. Il tema era America, difendi la Vita!!!!!! In quel momento gli Stati Uniti si fecero capitale dell’Occidente, capitale di un mondo in cui la vita umana viene calpestata con disinvoltura, ma dove pure è difesa da una sanior pars, credente e non, a cui il Pontefice ha affidato, per sempre, un mandato. Nel mondo del dopo-ideologia, non c’è più Rivoluzione politica, economica o sociale che possa sperare di ammaliare l’uomo. Resta, però, la minaccia più grave di tutte. L’idea della «buona morte», dall’embrione «grumo di cellule» al malato terminale che pesa sulla pubblica [Dottrina hitleriana docet!!!!! N. d. R]. L’espressione «cultura della morte» il pontefice la coniò in quella occasione. «Il Papa – disse allora – non ha parlato contro la libertà, specialmente contro la libertà americana. Ha, invece parlato a favore della libertà, in favore di un buon uso della libertà. Solo l’uso corretto della libertà è vera libertà».
Nel 1995 il Pontefice tornò all’ONU. La Cortina di Ferro non c’era più. Però c’era stata la ex Jugoslavia e ci saranno in un futuro che ancora nessuno poteva prevedere, ben altre guerre, l’Undici Settembre, il terrorismo internazionale. Il Papa disse che la legge morale universale, inscritta nel cuore stesso dell’uomo, è una sorta di “grammatica” indispensabile al mondo per affrontare il proprio futuro. Quanta ragione ebbe il pontefice quel dì, in quella vetrina mondale posta nel cuore degli Stati Uniti, la si può palpare quasi fisicamente anche in queste ore. Giovanni Paolo II, che ribadì con forza la dottrina tradizionale della Chiesa su questioni spinose quali la guerra (parlando di guerra giusta) e l’ammissibilità entro certi limiti della pena di morte (che negli Stati Uniti esiste), è stato il Papa che ha autorizzato sul piano morale, l’ingerenza umanitaria. Eppure è stato il Papa che sull’Iraq, per ben due volte, ha apertamente disapprovato l’intervento armato voluto dai due presidenti Bush. Sul Medioriente, infatti, il confronto fra i vertici politici statunitensi e Santa Sede è divenuto serrato senza però farsi mai teso. In modi diversi, ma con ragioni pressoché identiche, il Papa da un lato e l’Imperator dall’altro hanno creduto di agire per il meglio e al meglio [Altro che l’idiozia neomodernista di G.P.II vs G.W. Bush!!!!!!!!! N. d. R]. E se il primo non ha mai perso occasione per dirlo chiaramente al secondo, quest’ultimo ha opportunamente – umilmente, devotamente – sempre evitato la risposta diretta, scegliendo di agire secondo coscienza senza polemizzare. Così si fa tra uomini di convinzione, tra uomini di forte convinzione morale.
Che il presidente Bush jr. sia un uomo di fede al centro della cui visione anche politica sta il diritto alla Vita e che una certa attenzione qualificata alla Chiesa Cattolica egli abbia cominciato a prestarla, non è infatti un mistero per nessuno. In questo, lo zampino del “Papa polacco” è peraltro più che evidente, e la ragione è che Wojtyla ha sempre preferito affrontare realisticamente le situazioni e gli uomini invece di prenderli di petto con il solo ausilio di una dottrina pur sacrosanta. Come fanno gli statunitensi, insomma. Bush jr., del resto, rompendo ogni indugio e ogni precedente, ha scritto e detto parole in morte di Giovanni Paolo II come mai era accaduto nella storia degli Stati Uniti [Come sempre lodi incommensurabili al cristiano-texano G.W. Bush!!!!!!! N. d. R.]. E quella sua annunciata, vistosa presenza alle esequie del pontefice in Piazza S. Pietro è un gesto che si spinge ben oltre il cerimoniale. Papa Bendetto XVI, infatti, e se è accorto. E da tempo.

La battaglia contro il relativismo

Da tempo, infatti, la battaglia che Joseph Ratzinger, ieri cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, oggi Pontefice della Chiesa Universale col nome di Benedetto XVI, combatte contro il relativismo avvelenatore dell’anima umana ha assunto il volto di una strenua lotta per la salvezza dell’identità occidentale.
E’ L’Occidente, infatti, segnatamente l’Europa, la più affetta dal morbo relativista foriero del più cupo nichilismo suicida. Tutte le pubblicazioni, tutti i discorsi più recenti di Ratzinger, cardinale e Papa, portano questo sigillo. Ne è grande, anzi grandiosa testimonianza il dialogo intessuto su queste tematiche con il presidente del Senato italiano Marcello Pera: un dialogo evidentemente importante di suo, ma anche emblematico dell’itinerario che Ratzinger ha intrapreso incontro, ma senza sconti, a quella cultura liberale che nei suoi lati migliori (cioè nei suoi vertici) concorda pienamente con alcune questioni fondanti l’atteggiamento cristiano.
Ebbene, quanto oggi Ratzinger dice a Pera illumina profondamente l’atteggiamento del nuovo Vicario di Pietro nei confronti di quella parte dell’Occidente che Robert Conquest definisce «anglosfera» e in essa specificamente gli Stati Uniti. Sarebbe presuntuoso provare ad indovinare (ancor più mettersi a dettare) la prossima «geopolitica culturale» di Papa Benedetto XVI. Eppure sarebbe palese cecità il non accorgersi che le decise denunce proferite dal Ratzinger prime teologo e poi pontefice contro quel relativismo che parrebbe trovare tra i paladini più estremi proprio gli USA, è esattamente negli Stati Uniti che trova il terreno più fertile di reazione.
Del resto, la pluriennale attenzione che Ratzinger – sempre senza facili sconti – rivolge al mondo della Comunione anglicana e all’ecumene luterano vanno anch’essi nella direzione nella ricerca di interlocutori attenti per la battaglia contro il relativismo. Oggi come ai tempi di Giovanni Paolo II, infatti, nelle battaglie a difesa della dignità della persona e del diritto alla Vita, la Chiesa Cattolica trova sempre più spesso alleati validi e pressoché unici proprio negli Stati Uniti [Chi ha occhi per vedere, veda e orecchi per intendere, intenda!!!! N. d. R.].
E questo perché, a differenza dell’Europa, gli Stati Uniti mantengono ancora viva quella certa ispirazione non prona alle ideologie della Modernità che ne costituisce il proprium fin dalla Fondazione. E’ di questa consapevolezza storco-culturale che esiste traccia forte proprio nel Magistero ratzingeriano.

Occidente: delusione e speranza.

Il pensiero di Papa Benedetto XVI vive per esempio dell’importante semantizzazione in «Europa allargata» del concetto di Occidente, la quale ricorda da presso quella di «Magna Europa» elaborata mezzo secolo fa esatto dallo storico olandese della cultura Hendrik Brugmans. Vale a dire l’idea di una Grand’Europa come mondo umano nato dall’espansione degli europei non solo in quel subcontinente dell’Asia che è l’Europa, ma anche nelle Americhe, in Africa e in Oceania, così come la Magna Graecia è stata anzitutto “la Grecia di fuori”, ma, in ultima analisi, la Grecia in tutta la propria maturazione. Quindi, anche il rapporto fra «l’Europa fuori dell’Europa» e «l’Europa in Europa», la prima essendo l’uscita dell’Europa dai suoi confini geografici proprio a partire dalla scoperta dell’America. Dell’Occidente così inteso, Ratzinger ripercorre, dunque, a grandi tappe gli sviluppi storici. L’incontro con il Cristianesimo (l’embrione dell’idea europea è, infatti, precristiano) e la nascita di una nuova Civiltà, l’avvento dirompente della Riforma, quindi quello dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese; poi, l’epoca della crisi contemporanea, duplice come duplice è l’attacco subito dalla Civiltà Cristiana occidentale. All’interno l’aggressione del relativismo, all’esterno l’assalto organizzato di nemici stranieri alla cultura che appunto ha fatto e fa l’Occidente ciò che è stato ed è.
Una delle dimensioni più feconde del pensiero dell’attuale pontefice è, però, quella che ravvisa una netta e profonda differenza di sviluppi fra l’Europa continentale e «l’Europa di fuori» nordamericana, quell’America forgiata in profondità dalle proprie origini europee, e questo a partire dal momento in cui sorse un pensiero moderno autonomo rispetto alla riflessione cristiana. Se in Europa, insomma, il giacobinismo ha reso la laicità sinonimo e veicolo di laicismo, per Ratzinger cardinale teologo ieri e pontefice oggi, in America Settentrionale (che subisce la Rivoluzione protestante, ma non la «pensée française») no. Al punto da rendere apprezzabile quella distinzione Stato-Chiesa che vige negli Stati Uniti e che ha premesso cose inaudite. Per esempio che, di fatto, il più grande sponsor del cattolicesimo siano i “protestanti” Stati Uniti d’America. Del resto, la chiave di volta dell’atteggiamento della Santa Sede verso gli Stati Uniti sono quelle parole pronunciate da Papa Pio XII nel discorso ai partecipanti al I° Congresso Mondiale dell’Apostolato dei laici, del 14 ottobre 1951, le quali esprimono – sintomaticamente, ma assai lucidamente – l’ermeneutica di tutto l’atteggiamento culturale tenuto dal Magistero nei confronti della questione Occidente/Modernità. «Alla fine del secolo diciottesimo – disse, infatti, in quella occasione papa Pio XII – entra in gioco un fattore nuovo. Da una parte, la Costituzione degli Stati Uniti dell’America Settentrionale, che si svilupparono in modo straordinariamente rapido e ove la Chiesa doveva presto crescere considerevolmente in vitalità e vigore, e, d’altra parte, la Rivoluzione Francese, con le sue conseguenze tanto in Europa quanto Oltremare, che finirà per staccare la Chiesa dallo Stato».


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aragorn88
view post Posted on 25/4/2007, 23:35




Santità in America [1]:

Madre Cabrini a 90 anni
dal Dies Natalis(1917-2007) [1]:


Santa Francesca Saverio Cabrini

Ultima di tredici figli, nacque il 15 luglio 1850 a Sant’Angelo Lodigiano (Milano) da agiati agricoltori. Sin dall’infanzia, manifestò un interesse vivo per le missioni e per la vita religiosa. A 11 anni fece il voto di verginità. Dopo aver perso i genitori, insieme alla sorella si dedicò all’assistenza dei poveri e all’insegnamento. Nel 1858 il parroco del suo paese fondò la “Casa della Provvidenza” che raccoglieva un gruppetto di fanciulle povere e pensò di riformarlo con l’aiuto di Santa Francesca. Ella acconsentì e rimase nell’Istituto per ben sei anni: Dopo alcuni mesi vestì l’abito della comunità; tre anni dopo professò i voti perpetui e in quello stesso giorno fu eletta Superiora dell’Istituto. Alla fine del 1880 il Vescovo, costretto a sciogliere la Congregazione, propose alla Santa, che desiderava essere missionaria, di fondarne un’altra, ed ella si mise subito all’opera. Denominò le religiose Missionarie del Sacro Cuore e scrisse le Regole del novello istituto la cui vita voleva fondata sulla preghiera e sulla penitenza. Volendo sapere la volontà di Dio riguardo ai popoli da evangelizzare, Santa Francesca espose al questione al Santo Padre Leone XIII, che le disse: «Non all’Oriente, ma all’Occidente». La Santa obbedì prontamente e in meno di trent’anni l’Istituto aveva quasi mille religiose e cinquanta case in tre continenti. Santa Francesca rimase al governo dell’Istituto fino alla morte, continuando sempre a viaggiare. Giunto a Chicago, morì improvvisamente. Era il 22 dicembre 1917. Fu canonizzata da Pio XII il 7 luglio 1946. Le sue reliquie sono venerate nella cappella della “High School” di New York.





Fioretto:

Nella vita di Santa Francesca Saverio Cabrini si legge che: «Sebbene fosse a capo d’una Congregazione numerosa, non le piaceva essere chiamata “Madre Generale”. Una volta, essendo malata, fece scrivere a suo nome da una suora a papa Pio X; ma quando questa lesse: “…l’Istituto di cui Dio mi ha posto a capo”, saltò sul letto, dimenticando il male, e protestò: “No, no questa lettera non può andare! Ma guarda un po’ questa figluiola, che grosso sbaglio ha fatto!…Capo dell’Istituto! Questa è troppo grossa…”. E la lettera dovette essere riscritta»


 
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aragorn88
view post Posted on 30/4/2007, 12:34




Santità in America [2]:

Grazie agli USA forse il beato Luigi Guanella sarà presto santo.

Il 19 febbraio scorso si è chiuso presso la Curia arcivescovile di Filadelfia nello Stato della Pensylvania il processo per un presunto miracolo avvenuto in quella diocesi a vantaggio di un giovane, William Glisson, che giocando era caduto, sbattendo la testa. L’incidente si era mostrato subito gravissimo, poiché dall’urto violento si era aperta la scatola cranica. Al pronto soccorso la situazione si era dimostrata disperata, tanto che i medici avevano detto ai genitori che William non avrebbe superato la nottata. La mamma non si rassegnava a perdere un figlio di vent’anni per una banale caduta. Si aggrappò all’intercessione del Beato Luigi Guanella e lo invocò con tanta fiducia sino ad ottenere che Dio le concedesse di veder vivere suo figlio. Dopo alcuni giorni di coma William ha ripreso conoscenza ed ora si è ristabilito completamente, continuando a svolgere con il papà la professione di carpentiere.
La prima missione dei guanelliani oltre oceano fu proprio negli USA. Don Guanella andò di persona a visitare gli emigrati italiani nel 1912 e l’anno successivo inviò le use suore. Sembra -e difatti lo è- un segnale del cielo che il miracolo che potrebbe portare questo campione della fede alla canonizzazione sia avvenuto proprio in quella terra, quasi a significare la protezione di Dio sull’eletto popolo americano.
Tutti gli atti del processo canonico sono stati trasferiti a Roma e presentati alla Congregazione per le cause dei Santi. Don Guanella diceva: “E’ Dio che fa”. A noi non rimane che pregare affinché Dio agisca secondo i suoi fini e per aumentare la fede nel suo amore.

E’ un SIGNUM DEI!!!!!!!!!!!!!

E allora cosa aspetta il Leone della Pensylvania a scendere in campo per difendere il popolo americano, che mercenari senza scrupoli e dalla lingua biforcuta vorrebbero vendere ai potentati del signore oscuro?

Abbia coraggio, non si lasci intimidire dall’impresa
all’apparenza insostenibile!!!

Eppure anche lui è devoto
di Don Guanella,
è legato alla sua spiritualità.
E questo non gli dice, anzi per i trascorsi, NON TI DICE NIENTE?

La Right Nation può mantenere la sua visibilità politica solo ricorrendo alla SANTITA’. Chi ha orecchie per intendere intenda…..


God Bless America!!!!!!!!!!!
 
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aragorn88
view post Posted on 24/5/2007, 16:33




Il Santuario nazionale americano

La splendida basilica dell’Immacolata Concezione a Washington si può definire a ragione la “consacrazione alla Vergine dei cattolici statunitensi scritta sulla pietra”. Essa è sia un memoriale della devozione mariana lungo il corso della storia degli USA, sia lo scenario di tutti gli avvenimenti più importanti della storia ecclesiastica americana. In una terra d’immigrazione come gli USA, questo santuario rappresenta una sorta di sintesi delle devozioni mariane di tutto il mondo.

Di Fra Jhon Lawrence M. Polis, FI


Missio Immaculatae International
Italian Version,
a.III, n°3, aprile2007

Il santuario dell’Immacolata Concezione a Washington onora la Patrona della Chiesa Cattolica degli Stati Uniti. La Basilica, caratterizzata dallo stile romanico all’esterno e da quello bizantino all’interno, figura per dimensioni fra le prime dieci del mondo ed è un segno concreto della devozione e della consacrazione dei cattolici statunitensi alla loro Madre Celeste.
La storia di questo Santuario affonda le sue radici fin dalle origini della nazione americana. Infatti, nel 1792, solamente tre anni dopo la promulgazione della Costituzione, il vescovo di Baltimora, Jhon Carrol decise di consacrare l’intera Nazione all’Immacolata Concezione. In seguito, nel 1846 il VI Concilio provinciale di Baltimora, che all’epoca rappresentava la totalità dei presuli americani, proclamò l’Immacolata Concezione Patrona degli Stati Uniti e l’anno seguente lo stesso papa Pio IX approvò tale decisione.
All’epoca molto si discuteva intorno alla costruzione nella città di Washngton di una grande Chiesa sullo stile delle grandi Cattedrali europee, ma per vedere I primi passi concreti si sarebbe dovuto attendere oltre mezzo secolo. La svolta decisiva per la costruzione del Santuario fu opera di padre Thomas J. Shahan, quarto Rettore dell’Università Cattolica d’America, che in seguito diverrà vescovo. Nel 1914 egli ideò la pubblicazione del bollettino d’informazione “Salve Regina” al fine di raccogliere fondi e nello stesso anno ottenne l’appoggio di san Pio X, che contribuì personalmente con un’offerta di 400 dollari.
Il progetto iniziale prevedeva la costruzione del santuario in stile tardo-gotico francese, ma nel 1920 il cardinal Glennon, presule di St. Louis, riuscì a convincere i membri del comitato promotore ad adottare lo stile architettonico romanico-bizantino che lo stesso Glennon aveva scelto per la costruzione della cattedrale di St. Louis. Nel 1920 tutto era pronto per la benedizione del terreno, donato dall’Università, e per la posa della prima pietra dal peso di ben quattro tonnellate! I lavori procedettero alacremente fino al 1929, quando le difficoltà economiche provocate dalla Grande Depressione causarono la sospensione della costruzione. Si riuscì a completare solamente la cripta che venne usata per le funzioni durante gli anni ‘30-’40.
Dopo il Secondo Conflitto Mondiale, nel 1953, un gruppo di vescovi americani propose di raccogliere i fondi necessari per il completamento dei lavori, che poterono così riprendere e consentire il 20 novembre 1959 la dedicazione di un nuovo santuario con una Santa Messa alla quale parteciparono oltre 10.000 fedeli e nella quale venne rinnovata la consacrazione degli Stati Uniti all’Immacolata Concezione.
I lavori di completamento delle decorazioni interne sono ancora in corso e i mosaici della volta della Redenzione sono stati ultimati l’anno scorso; quest’ultima cupola è la quinta (su un totale di sette) i cui lavori sono stati completati, mentre i lavori proseguono nella volta dell’Incarnazione. Nella volta centrale, dedicata alla SS.ma Trinità, che – particolare curioso – ha le stesse dimensioni della cupola del Campidoglio (il parlamento federale che si trova anch’esso a Washington), i lavori di decorazione devono ancora iniziare. La parte superiore della basilica è dominata dal mosaico absidale del Cristo Pantokrator, un teologico caratteristico dell’arte bizantina, che tuttavia è intimamente collegato alla verità dell’Immacolata Concezione di Maria. Esso simboleggia, infatti, il primato assoluto di Cristo, conseguenza di quello stesso decreto con il quale sono stati predestinati ab aeterno sia il Verbo Incarnato che l’Immacolata (cfr. Pio IX, Ineffabilis Deus). La sintesi finale di questa predestinazione per la Madre di Dio è simboleggiata dallo schema iconografico della facciata a nord: “Maria Immacolata, Regina dell’Universo”. I risvolti morali per la vita dei fedeli sono a loro volta raffigurati nel bassorilievo rappresentante la “vocazione universale alla santità”, che ricopre la parte interna della facciata e può quindi essere ammirato e meditato dai fedeli che escono dalla Basilica; esso, infatti, simboleggia la sublime verità che tutti noi siamo stati scelti in Cristo «prima della fondazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto» (Ef 1,4; cfr. 2Pt 3,14).
La multiculturalità che caratterizza la società americana si riflette nelle numerose cappelle dedicate ai vari titoli con cui la Beata Vergine Maria è venerata negli Stati Uniti: Nostra Signora di Guadalupe; di Lourdes; la Madonna di Czestochowa; l’Addolorato per citarne solo alcune. Recentemente è stata ultimata una cappella dedicata Nostra Signora del Vietnam. Nel loro insieme tutte queste cappelle riassumono quasi tutte le devozioni mariane del mondo. Ogni anno la basilica è sede di avvenimenti speciali ed è meta di numerosi pellegrinaggi.
L’11 novembre 2006 [la data non è casuale N.d.R.], durante la Santa Messa celebrate dal Nunzio apostolico, è stata rinnovata la consacrazione degli Stati Uniti all’Immacolata Concezione, usando la stessa formula del 1959 con la sola aggiunta del riferimento al Cuore Immacolato ed Addolorato di Maria. Oltre due terzi dei vescovi americani hanno manifestato il loro consenso, ponendo la loro firma in calce all’Atto di Consacrazione. Quest’ultimo avvenimento rappresenta l’ennesimo capitolo della storia della devozione del popolo americano alla Vergine Immacolata, una storia simboleggiata in modo efficace da questa grande basilica.

 
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aragorn88
view post Posted on 26/5/2007, 15:52




Santità in America [3]:

Santi & Beati del Serafico Ordine [3]:

Beato Sebastiano dell’Apparizione

Nacque nel 1502 nella provincia spagnola della Galizia. La sua famiglia era molto povera, ed egli fu costretto a lavorare fin da fanciullo. All’età di quindici anni i suoi genitori lo mandarono a Castiglia al servizio di una vedova, la quale tentò di sedurlo, ma egli resisté nella santa purezza e si trasferì a Salamanca. L’anno seguente preferì tornare a casa, avendo già accumulato una bella somma che gli permise una vita ottima. Nonostante ciò, Sebastiano abbandonò l’idea del matrimonio e si stabilì a Puebla degli Angeli, in Messico. Pur potendo vivere nell’agio, Sebastiano preferì uno stile di vita austero, destinando piuttosto le proprie ricchezze ad opere di carità. Nel 1552 si ritirò dagli affari e all’età di sessant’anni si sposò, ma rimase vedovo per due volte. Ripresosi miracolosamente da una grave malattia, donò allora tutti i suoi beni alle Clarisse ed entrò nel noviziato dei Francescani Osservanti a Città del Messico. Mandato a Tecali e poi a Puebla, edificò tutti con le sue virtù. Visse gli ultimi ventisei anni della sua vita, peregrinando per le campagne su un carro trainato dai buoi e chiedendo l’elemosina. Si narra, inoltre, che gli Angeli lo accompagnassero abitualmente nei suoi viaggi. Morì quasi centenario il 25 febbraio 1600. Il 17 maggio 1789 Pio VI lo proclamò beato. Il suo corpo è, ancora oggi, conservato in una tomba di vetro, adiacente alla chiesa francescana di Puebla.


Forza cattolicità messicana!!!!


Il Beato Sebastiano, la Morenita e tutti di eroi della fede della terra messicana ti aiutino contro l’attacco lanciato dalla Rivoluzione.

 
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aragorn88
view post Posted on 17/4/2008, 01:52




Viaggio apostolico di papa Benedetto negli USA: [1]


Schiaffi ecumencio-mondialisti all’augusto Vicario

Di Vandeano2005

Il viaggio del Regnante Pontefice negli Stati Uniti sarà un successo, spirituale, pastorale, politico. Non fosse altro che il Romano Pontefice ha voluto trascorrere 81esimo suo Augusto Genetliaco al fianco del miglior campione e Vicario dell’Imperium, il presidente George W. Bush. Purtroppo papa Benedetto dovrà passare anche una non piccola Via Crucis, un tributo di sangue e sputi che si riverseranno su di Lui, dolce Cristo sulla terra, da parte delle forze anticristiche dell’ecumenismo massonico-mondialista. La statio più dolorosa di questa Via Crucis sarà la cosiddetta PREGHIERA ECUMENICA sulla scia del satanico “spirito d’Assisi”, anticristico e antifrancescano. Sì, Lui, Benedetto XVI, vessillifero della Verità, dovrà mescolare la purezza delle sue preci con il fetore stercoreo di scismatici, eretici, deicidi. Possa l’Onnipotente intervenire per impedire quest’ennesima offesa alla Chiesa di Cristo e al suo Vicario terreno!! Noi pregheemo per lui, affinché abbia il coraggio di sottrarsi a tale scempio e preghi da solo perché la Lux Vera penetri i cuori, le menti, gli animi di coloro che ciechi non hanno ancora trovato la Verià.

Extra Ecclesiam
Nulla Salus!!!
 
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5 replies since 19/8/2006, 11:06   30 views
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