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Il 68 ha fallito....., .....rovesciamolo!

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aragorn88
view post Posted on 30/3/2010, 12:51




Il 68 ha fallito…rovesciamolo!!!

Rottamiamo la IV Rivoluzione che, benché ruggisca ancora, è oramai ai titoli di coda.



I pericoli dei Rave Party



Molti di voi avranno sentito parlare dei cosiddetti rave party e magari ad alcuni sarà capitato che un loro figlio o nipote vi abbia partecipato. Bisogna far molta attenzione a questi raduni giovanili, che non coinvolgono solo sbandati e emarginati, ma anche gente comune, bene inserita e magari anche «di buona famiglia».
I rave party sono nati negli Stati Uniti negli anni Ottanta, ma sono eredi di quei famosi raduni contestatari, nati negli anni Sessanta e Settanta che allora si chiamavano Open Hair Festivals e che ebbero esempi famosi nei raduni hippy svoltisi a Woodstock e a Wight. Solo che, mentre a quell’epoca essi coinvolgevano relativamente poche persone, oggi stanno diventando un fenomeno di massa, propagandati come sono da spot pubblicitari, videoclip, trasmissioni televisive e radiofoniche e perfino film (l’ultimo l’italiano Albakiara).
Come rivela la parola stessa, un rave party è una «festa delirante». Sono «raduni alternativi» promossi da tutta una rete di clubs, sezioni e centri sociali che possono chiamare a raccolta molti giovani, anche in modo rapido e imprevedibile, grazie alle informazioni trasmesse grazie a radio private, telefonini e internet. Apparentemente ci si raduna per divertirsi suonando, cantando ballando sulla base della musica rock, techno e acid; ma il vero scopo sta nel creare «un ambiente libertario», trasformare un luogo in una zona franca, in una «zona temporaneamente autogestita» (T.A.Z.) nella quale potersi scatenare liberi dal governo della coscienza, dai condizionamenti familiari e dai controlli sociali, violando la legge non solo morale ma anche quella civile e penale, possibilmente evitando che la stessa polizia possa intromettersi. In questi raduni, infatti, ci si può ubriacare, drogare, spogliare, «fare sesso», litigare, ferire e perfino uccidere, tanto che spesso la festa finisce in una rissa che lascia sul campo giovani stuprati, feriti e talvolta addirittura morti, uccisi da overdose o da pestaggi o da accoltellamenti; senza contare che alcuni, pur uscendo indenni dal raduno, finiscono morti sulle strade per aver guidato in stato di ebbrezza o incoscienza.
No drugs, no party, si potrebbe dire, modificando un noto slogan commerciale. Ogni rave party ha, infatti, per protagonista la droga, liberamente e irresponsabilmente consumata, scambiata, venduta tra partecipanti, senza i condizionamenti e le punizioni che li colpirebbero nelle zone non «liberate». La droga segna il ritmo delle musiche, delle danze, dei comportamenti, delle discussioni, degli stupri e delle risse. Finché questo fenomeno coinvolge gente sbandata ed emarginata, non c’è da meravigliarsene. Ma come mai giovani e giovanissimi, che durante i mesi freddi vivono continuamente in casa dai loro genitori e vanno a scuola, con la buona stagione emigrano nei rave party senza temere di restare travolti e rovinati dallo sballo? La risposta è tanto semplice quanto allarmante. Questi ragazzi non ammettono di essere responsabili delle loro azioni, non valutano le conseguenze di quello che fanno, non pensano alla loro vita, non prevedono un loro futuro. Essi sono concentrati sul qui e ora, evitano di pensare al domani, non sanno guardare oltre il momento che passa, l’effimero di cui godono. Ma questo accade per un motivo molto grave: essi vivono nell’istante e nell’immanente perché non sanno pensare all’eternità e al trascendente; non sanno farlo perché nessuno glielo ha insegnato in modo chiaro e convincente, o perché lo hanno dimenticato sotto le ondate delle suggestioni del momento.
Essi non riescono a concepire la loro vita come valore, perché non riescono a darle una direzione e tantomeno un significato, non riescono a trovare un senso trascendente per cui valga la pena di vivere, progettare, impegnarsi, maturare; essi, infatti, ripetono come un ritornello «che non ne vale la pena».
A furia di denigrare il passato e di promettere un ideologico e utopistico futuro, la Modernità ha tolto ai giovani il senso del presente, della vita stessa; inoltre, a furia di denigrare il senso del reale, del limite della misura, a furia di esaltare l’eccesso, lo sballo e la ribellione, la Modernità li ha spinti a cercare la felicità nella propria distruzione, a raggiungere la beatitudine non nella tradizionale estasi, bensì nella vertigine e nella dissoluzione.
Ce lo ha ben spiegato il padre Alfonso Lòpez Quintàs, facendo notare che la cultura, l’arte e la tecnica contemporanee hanno percorso questa stessa via suicida prima d’insegnarla alle nuove generazioni; la «civiltà» del relativismo, del nichilismo e della morte ha prodotto questo risultato dissolutorio. Stando così le cose, a cosa servono le prediche buoniste sulla solidarietà, le lezioncine di educazione civica, gli spot di Pubblicità-Progresso? Non nemmeno ammonire i giovani, mostrando loro le tragiche conseguenze cui conducono le loro avventatezze. Spiega, infatti, giustamente il pedagogo Mario Pollo: «C’è un errore concettuale alla base di tutte le campagne di prevenzione messe in campo fino ad oggi. Informare non è sufficiente. Conoscere gli effetti che l’alcool, la droga o una guida pericolosa avranno sulla loro vita, non scoraggia i ragazzi. Anzi, la possibilità che conducano alla morte rende certe “esperienze” ancor più eccitanti. Più che l’informazione conta, dunque, l’educazione. Bisogna aiutare i ragazzi a capire che la vita è una storia che si evolve, che bisogna progettare il futuro; bisogna insegnar loro il senso del trascendente, perché scoprano le proprie qualità e le investano sul futuro» (Avvenire, 18-08-2009).
Ben detto, purché si precisi che questo «trascendente» cui bisogna educare i giovani non è tanto quello temporale che riguarda il futuro, quanto quello atemporale che riguarda l’eternità, anzi la beata eternità, ossia il trascendente religioso, insomma le verità divine, ossia eterne e assolute; solo formando a queste verità si potrà recuperare il senso del trascendente temporale e storico e con esso quella umana solidarietà che deriva dalla comune origine dal Padre celeste e dalla comune destinazione a Lui stesso.
Quando, dunque, si denuncia l’attuale «emergenza educativa», bisogna precisare che la soluzione sta nell’educare non tanto a generici valori umani, secolari e immanenti («laici» come si direbbe oggi), quanto a specifici valori divini, eterni e trascendenti. Se il nostro Redentore ha ammonito che «chi non raccoglie con Me, disperde», oggi possiamo dire che «chi non educa alla Sua luce e alla Sua guida, fallisce».


La carne ha desideri contrari allo spirito

Fratelli, conducetevi secondo lo spirito, e non soddisfate ai desideri della carne. La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito li ha contrari alla carne; son cose opposte fra loro, sì che voi non dovete fare tutto quel che vorreste.
E se vi lasciate condurre dallo Spirito, non siete più sotto la Legge. Or le opere della carne è chiaro quali sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, lussuria, idolatria, venefizi, inimicizie, discordie, gelosie, risentimenti, contese, divisioni, sette, invidie, omicidi, ubriachezze e gozzoviglie, e cose simili; io vi prevengo, come ho già detto prima, che quelli che fanno codeste cose non avranno in eredità il Regno di Dio. Invece, frutto dello Spirito è l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mitezza, la fede, la moderazione, la continenza, la castità. Contro siffatte cose non c’è Legge. I seguaci di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze. Se viviamo con lo Spirito, procediamo anche con lo Spirito.

(Lo Spirito Santo parla attraverso San Paolo Apostolo, Epistula ad Galatas, V,13-25)




 
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